02 novembre 2006

Censura Cinese: Microsoft minaccia di andarsene

Il 31/10/06 si è aperto ad Atene il Forum mondiale sul governo di Internet (FGI), 1200 rappresentanti di 90 paesi del Mondo, di aziende che operano in internet (Yahoo!, Google, Microsoft), di istituti internazionali (Ue, consiglio d'Europa, Ocse), di organizzazioni in difesa dei diritti umani (Amnesty International) per quattro giorni di confronto su cybercriminalità, lotta allo spam, libertà di espressione, accesso a Internet e censura.

Il tema della censura era uno dei più attesi al FGI, soprattutto riguardo la Cina che ha messo in atto la censura più vasta e dispendiosa di tutti gli altri Paesi del mondo per nascondere agli utenti della propria rete il contenuto dei siti sgraditi al governo. "Lo Stato proibisce la pubblicazione di tutte le informazioni il cui contenuto è contrario all'interesse pubblico e alla sicurezza nazionale", ha scritto l'agenzia di stampa Cina Nuova il 28/09/06, i siti Web di informazione devono "servire il popolo e il socialismo e dirigere l'opinione pubblica nella direzione giusta, nell'interesse nazionale".
Degli smanettoni cinesi sono riusciti, ai primi di Settembre, a trovare la lista di parole censurate dal dispositivo governativo Golden Shield Firewall, parole che comprendono tematiche da sempre invise all'inossidabile nomenklatura, cose come "diritti civili" o "democrazia", per non citare il grande rimosso: "piazza Tienanmen" (riguardo quest'ultima parola guardate qui). Altre, meno prevedibili, riguardano il nome del presidente cinese Hu Jintato ma anche "cristiano", "sesso", "brasserie". Quelle senz'altro più rivelatrici sono invece "libertà" e "verità", concetti tanto sconosciuti ai cinesi quanto ben gestiti dal regime.

L'altroieri, al forum sul governo di Internet, le organizzazioni per i diritti umani che prendono parte al convegno hanno accusato le grandi società di non fare abbastanza per difendere e sostenere la libertà di espressione nei regimi autoritari in cui operano, e di collaborare con governi poco democratici vendendo loro software che permettono il controllo della Rete. Yahoo!, ha ricordato qualcuno, ha collaborato con la polizia cinese nell'arresto di un dissidente. «In Cina i software sono usati per rafforzare il controllo del governo, non certo per avere più democrazia», ha detto Andrew Puddephatt, responsabile di un'associazione di diritti umani. «Vendete programmi alla polizia cinese» ha accusato Reporters sans frontieres puntando il dito contro Cisco Systems. Fred Tipson è sceso in difesa di Yahoo! che «ha la sua equipe in Cina e se avesse rifiutato di cooperare tutti sarebbero stati arrestati ed espulsi. Yahoo! non sapeva che era un giornalista e che rischiava la prigione».

Dopo queste pressioni Fred Tipson, un alto consulente di Microsoft, ha dichiarato che in Cina «le cose stanno andando male» sotto questo punto di vista; insomma, ha detto Tipson, i problemi creati dalla natura repressiva del regime cinese potrebbero «costringere» il colosso americano a «riconsiderare» il suo business non solo in Cina ma in tutti gli altri paesi non democratici. «Dobbiamo decidere - ha spiegato Tipson secondo quanto riporta il sito on-line della Bbc - se la persecuzione dei bloggers» da parte delle autorità di quei paesi ha raggiunto un punto «inaccettabile e incompatibile» con il fare business lì.

Permane un forte scetticismo nei confronti dell'annuncio Microsoft ad Atene, i giganti della Rete, sembrano avere un piede in due scarpe: da una parte criticano i governi che censurano e limitano la libertà di internet, dall'altra modificano i propri software per accontentarli, o comunque per poterci convivere. Ad esempio, i due motori di ricerca più famosi del mondo (Google e Yahoo, appunto) hanno accettato di auto-censurarsi cedendo a pressioni delle autorità. La Cina rappresenta un mercato molto promettente per tutti in previsione dell'esplosione che la Rete deve ancora avere nel paese orientale e le grandi aziende non possono permettersi di snobbare la Cina. "Se non offriamo quel che la gente chiede, gli internauti si rivolgono altrove», ha ammonito Vint Cerft, vicepresidente di Google, «L'argomento più forte per questi paesi è far capire loro che Internet è un motore di crescita. O meglio limitare la libertà di espressione equivale a penalizzare la crescita».

Microsoft e gli altri colossi tecnologici si erano sempre difesi sostenendo la teoria del male minore, ovvero il fatto che Internet, nonostante i filtri imposti dal regime, sia comunque una valida fonte di raccolta di informazioni per la popolazione, che malgrado le limitazioni può accedere a contenuti che esulano dalle veline dei media controllati da Pechino, le sole che circolano attraverso giornali, radio e tv. Si calcola infatti che siano almeno 120 milioni i cinesi che possono accedere a internet e che quindi possono leggere e informarsi. Ma proprio Microsoft ha deciso di impegnarsi a fare qualcosa di più per dare seguito alle proteste di ong e associazioni come Amnesty International. E per la prima volta si è detta pronta a fare il fatidico passo indietro. Resta ora da vedere se ai buoni propositi seguiranno i fatti e, soprattutto, quali saranno le mosse degli altri operatori del settore.

Interessanti le parole del delegato cinese Yang Xiaokun secondo cui "in Cina non abbiamo alcun genere di restrizioni. Non abbiamo software che blocca siti Internet, semmai a volte non riusciamo ad accedervi, ma questo è un problema diverso".

Aggiungendo che "alcuni dicono che ci sono giornalisti in Cina che sono stati arrestati. Noi abbiamo centinaia di giornalisti in Cina. Molto pochi sono stati arrestati. Ma ci sono criminali in tutte le società e noi dobbiamo fermarli. Ma questi sono problemi legali, non hanno niente a che vedere con la libertà di espressione".

1 commento:

Andrea Sacchini ha detto...

Ciao Sab,

complimenti per l'ottimo articolo. Volevo solo segnalare che l'elenco dei giornalisti (e non solo) attualmente detenuti per motivi di opinione in Cina e in altri paesi è in questa pagina.

Naturalmente ho inserito il link anche nell'articolo sul mio blog.

Ciao.